Riflessioni

E-commerce: 2 fattori su cui fare qualche ragionamento

E-commerce: 2 fattori su cui fare qualche ragionamento https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Come ho avuto modo di dire in un mio recente intervento ad un incontro con le imprese alla Confcommercio di Reggio Emilia, riflettendo sugli ultimi trend emergenti nel mondo dell’ecommerce, è evidente che sempre di più si confermano due trend:

  1. I grandi player della vendita online stanno investendo molti miliardi nei negozi fisici; evidentemente l’esperienza fisica ha ancora un valore
  2. Molti sforzi sono concentrati sulla profilazione degli utenti e la costruzione di ambienti digitali su misura per lui

Il primo punto è una buona notizia soprattutto per i commercianti. Che stiano valutando l’adozione di piattaforme e-commerce o l’ingresso nei marketplace, dovrebbero ripartire dal loro punto di forza acquisito: il negozio brick and mortar.

Il secondo punto è rivolto a tutti: raccogliere e profilare i gusti degli utenti per offrire loro sempre un’esperienza unica. Sempre nel rispetto del GDPR e, da parte degli utenti stessi, con la consapevolezza delle proprie azioni.

Come possono i commercianti sfruttare al meglio le nuove tecnologie?

Per i commercianti, e non solo, tutto questo significa smettere di inviare DEM broadcast (cioè a tutti i propri contatti indiscriminatamente), senza nemmeno differenziare il messaggio sulla base dei dati a disposizione. Significa però anche valutare la creazione di aree private sui propri siti che siano auto-personalizzate e quindi che si adattino agli usi e alle preferenze degli utenti stessi.

Aldilà di vendere o meno sul proprio sito, il web si sta trasformando in un ambiente più personale e meno standardizzato. Il paradosso? Le piccole realtà commerciali, che rischiano di restare indietro per mancato interesse o volontà di investire, potranno risultare più “standard” rispetto alle grandi piattaforme e questo sarebbe un peccato.

Bisogna dunque aprire un e-commerce?

Non è detto, ogni caso è particolare e va valutato. Noi non siamo mai stati coloro che hanno suggerito di investire decine di migliaia di euro in soluzioni e-commerce solo perché “è di moda”. Un e-commerce è un business duro, difficile e che richiede organizzazione e risorse. Sicuramente un modesto investimento per dotare il proprio sito della possibilità di ordinare i prodotti online e ritirarli in negozio nel 2018 può essere una bella strategia “local”, capace di portare comunque le persone in negozio, risparmiare sui costi di spedizione (in certi casi essendo competitivi con Amazon Prime) e dare un servizio al cliente arricchito dal rapporto umano.

Perché un negozio deve investire risorse sul digital?

Per un motivo esattamente analogo a quello per cui un negozio deve avere le vetrine: deve essere visibile dove la gente trascorre il suo tempo. Oggi si passa sul web un numero di ore molto grande, e non esserci significa “oscurare” una vetrina che sta diventando sempre più importante.

Da dove iniziare?

Se sei interessato a questo argomento, puoi trovare sicuramente molti libri e risorse online che ti possono aiutare. Per esempio se sei interessato a vendere su un marketplace come Amazon, ti suggerisco il libro di Eleonora Calvi Parisetti “Vendere su Amazon”.

In ogni caso può esserti di aiuto parlare con un consulente e se vuoi puoi contattarci a questo link per parlare con noi.

Migliorare la tua comunicazione online: i consigli per le vacanze

Migliorare la tua comunicazione online: i consigli per le vacanze https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Estate, tempo di vacanze, tempo di non pensare al lavoro. Questo è quello che vogliamo e c’è una ragione: per tanti mesi abbiamo lavorato ai nostri progetti, abbiamo risolto problemi piccoli e grandi ma quasi sempre lo abbiamo fatto nell’ottica della quotidianità.

Ecco, il punto sta qua: quello di cui ci stanchiamo non è di lavorare, ma di tenere basso lo sguardo sulla singola telefonata, sul singolo cliente, sul singolo problema. Quello che invece ora potrebbe darci molta soddisfazione e ispirazione è proprio alzare lo sguardo e concentrarci sugli aspetti strategici e di medio e lungo periodo. Per farlo serve una certa dose di creatività, che a sua volte richiede una mente sgombra.

Pensare al futuro è possibile per tanti aspetti del tuo lavoro, ma quello che li comprende tutti – la nostra esperienza di quasi 13 anni ci dice che è così – è la comunicazione online. Non mi soffermerò a lungo sul perché, mi basta farti pensare a quante persone hai dovuto contattare per rifare il sito della tua azienda l’ultima volta o, se sei da solo, a quante e quali cose hai dovuto pensare per scriverne i contenuti. È stato un bello stress, eh?

Ti voglio suggerire alcuni punti di riflessione che solo in questo periodo puoi analizzare con una certa tranquillità. Non si tratta di cose complesse, non dovrai aprire nessun foglio di calcolo né passare le serate al computer. Si tratta di cose che puoi, anzi che devi fare proprio mentre sei in spiaggia o in un rifugio in montagna. In realtà si tratta di attività che sono anche piuttosto divertenti ed è proprio questa la parte del tuo lavoro che può darti più piacere.

Trova ispirazione e nuove idee

La tua musa può essere insospettabile: dal compagno di ombrellone ad un buon libro, da una tua esperienza all’estero alla lettura dei contenuti del tuo stesso sito. L’importante è predisporsi per essere ricettivi, perché la creatività funziona così: pensare intensamente e poi distrarsi; solo a quel punto le idee verranno fuori.

Passare alla sintesi

Porsi nuovi obiettivi, pensare a chi ci potrà aiutare a concretizzare un piano di comunicazione digitale che nel 2018 è indispensabile in ogni lavoro. Le idee devono poi concretizzarsi coi mezzi che abbiamo.

Tre idee semplici e concrete

  1. Guarda il tuo sito. Hai la fortuna di non farlo dal PC del tuo ufficio. Fallo dal tuo smartphone, ovunque tu sia. Ti renderai conto di quanto sia veloce o lento, facile o difficile da consultare. Trovi rapidamente le informazioni utili? I contenuti che hai scritto ti piacciono o no? Quali ti piacciono di più (o di meno) e perché? Quali sono ancora attuali?
  2. Naviga sui siti dei tuoi concorrenti. Che cosa hanno di diverso? Le differenze col tuo fanno emergere la tua unicità? Oppure la tua impresa non è correttamente focalizzata? Che cosa ti piace dei loro siti? Prendi appunti e a settembre e poi parlane con la tua Web Agency.
  3. Quali modi nuovi e freschi puoi mettere in campo per diminuire le distanze coi tuoi clienti? Perché ora dovrebbero andare sul tuo sito? Perché pensi che ora possano visitare i siti dei tuoi competitor? Come potresti coinvolgerli di più per essere un loro partner insostituibile? Come li coinvolgi sui social? Chi potrebbe a settembre aiutarti a stendere e mantenere attivo un piano editoriale?

Buone vacanze e buon lavoro!

Quando il sito web diventa un parto

Quando il sito web diventa un parto https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Realizzare un sito web è un’attività che prevede l’instaurazione di un rapporto profondo col Cliente ed è un compito complesso. Non si tratta solo di stendere dei contenuti e metterli online, ma serve una prototipazione grafica, spesso in più fasi, un’analisi delle funzionalità, l’adesione al brand manual, il focus continuo sugli obiettivi, la cura per la SEO e così via.

Tutto questo sicuramente comporta tempo, perché lavorare in modo professionale significa anche avere modo di ragionare, discutere e confrontarsi.

Il tempo però può essere usato bene o male ed è straordinario osservare come i siti di maggior successo che abbiamo realizzato siano stati sempre quelli “partoriti” in (relativamente) breve tempo. Il motivo? Provo a spiegarlo con la metafora della donna incinta: una gravidanza dura circa 9 mesi, il tempo necessario affinché gli organi del corpo si formino e il bambino sia capace di cavarsela da solo. Una volta nato potrà solo negli anni successivi diventare perfetto: crescere, studiare, imparare, diventare adulto, esplorare il mondo e così via. È pensabile che tutto questo avvenga nella pancia della mamma? Direi proprio di no, ma attenzione: non è solo una questione “biologica” ma anche sociale, perché non si può diventare adulti restando chiusi e soli nella pancia della mamma. Bisogna aprirsi al mondo.

Ecco perchè i siti di maggior successo sono quelli che sono stati concepiti e realizzati in un tempo non lungo: perché è indispensabile uscire sul mercato con un sito bello e funzionale, ma è altrettanto vero che la perfezione si può raggiungere solo con il miglioramento continuo, che si basa per definizione sulla raccolta dei dati (es. quanto è facile o difficile navigare sul sito per il Cliente) e l’implementazione delle migliorie. Spendere troppo tempo a discutere di un dettaglio grafico e magari tralasciare gli aspetti di esperienza utente è un errore enorme alla prova dei fatti, e si perde di vista un fatto fondamentale: un sito web non è una brochure che una volta stampata resta uguale, ma è uno strumento da far evolvere continuamente.

Hosting e SEO: un rapporto delicato

Hosting e SEO: un rapporto delicato https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Quando si sceglie il piano di hosting del sito basandosi esclusivamente sul prezzo o su altre legittime convenienze si rischia spesso di non pensare a quali saranno gli effetti sul posizionamento del sito su Google.

Nessuno può conoscere i fattori che determinano un miglior o peggior posizionamento, ma dalle linee guida e dal reverse engineering svolto dai vari SEO specialist nel mondo, alcune cose sono emerse.

Prestazioni

Non c’è niente da fare: un sito lento non è piacevole da navigare. Google misura sicuramente il tempo di attesa per caricare il sito, ma anche se non penalizzasse questo fattore in modo diretto, potrebbe dedurlo dai tassi di abbandono e dai tempi di caricamento sui browser degli utenti. Insomma, se si vuole primeggiare su Google, bisogna avere un piano di hosting veloce. A volte la colpa della lentezza non è dell’hosting, ma dell’applicazione web, in tal caso bisogna approfondire.

Hosting Ferrara

Posizione geografica

Questo punto è un corollario del precedente: se il mio mercato è esclusivamente americano, ha più senso posizionare il server negli USA per ridurre i tempi di comunicazione. Il problema si pone soprattutto quando si devono attraversare migliaia di chilometri, mentre restando all’interno del proprio continente spesso la situazione è più gestibile. Ovviamente se il server è collegato a reti molto veloci ma è più lontano, può essere vantaggioso rispetto ad un server più vicino ospitato presso un provider dotato di infrastrutture più scarse.

Se il target dovesse essere tutto il mondo, ci si può affidare alle cosiddette CDN, reti di distribuzione globali che replicano i contenuti del tuo sito nel mondo per fare sì che tutti possano usufruirne alla giusta velocità.

Affidabilità

Chi offre hosting ha investito a sufficienza in ridondanza e in sicurezza dei propri datacentre? Tutti ricordano di un grosso incendio che paralizzò tanti anni fa uno dei più grossi provider italiani. Anche a livello locale, però, ricordo un caso in cui il gestore non aveva acquistato una linea dati di backup. Risultato? Per colpa di una ruspa che aveva tranciato una fibra ottica, alcuni siti del territorio furono oscurati per ore. La relazione col SEO è semplice: se un sito è ripetutamente down, Google lo penalizza direttamente o indirettamente. Certo, nel caso di un ecommerce questo può non essere il problema più grave.

Insomma già da queste semplici 3 riflessioni dovrebbe essere chiaro che la scelta dell’hosting in certi casi è davvero cruciale e non andrebbe liquidata in pochi secondi. Ci sono altri punti da valutare, quali la scalabilità, la gamma di soluzioni offerte, ecc. ma qui ci siamo soffermati solo sulle cose più semplici. Se sei interessato ad approfondire per migliorare la tua soluzione di hosting attuale, contattaci ora!

Il GDPR farà bene al Direct Email Marketing (se verrà applicato)

Il GDPR farà bene al Direct Email Marketing (se verrà applicato) https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Dopo la fatidica data del 25 maggio il mondo del Direct Email Marketing ne esce come un paziente a cui è stata somministrata una cura da cavallo. Una marea di persone ne ha approfittato per disiscriversi da tutte le mailing list cui non è più interessato e le aziende hanno perso una discreta percentuale dei contatti. È una cattiva notizia? Probabilmente no, ma molti non lo capiranno.

Il punto è che una percentuale enorme di aziende ha abusato della posta elettronica come strumento di comunicazione. Per essere più precisi: ha abusato dell’unico strumento di comunicazione di cui ha ancora un certo controllo. Si badi bene: in questo ragionamento non considero le aziende sciatte che fanno uso di indirizzari ottenuti illegalmente e che non hanno alcun rispetto per la legge e per i propri clienti; queste aziende – sarebbe un bene per tutti – dovrebbero semplicemente essere multate, perché causano danno anche a chi usa questi strumenti con criterio. Qui si parla di chi ha operato nei confini della legalità e che oggi si vede in piena emorragia di contatti.

Il post-GDPR: una opportunità.

Il rateo di apertura delle comunicazioni via e-mail, soprattutto in ambito B2B ormai è assai più grande della percentuale di visualizzazione dei post organici sui social, per via dei famosi algoritmi. Non solo: dal nostro osservatorio privilegiato, questo divario si sta addirittura allargando a svantaggio dei social network, che sono sempre più concentrati sulla monetizzazione diretta.

Quanto è utile un iscritto alla nostra mailing list a cui non importa niente di noi? Quanto danneggiamo la nostra immagine nei suoi confronti, continuando a bersagliarlo? Quanto siamo stati bravi a segmentare i nostri indirizzari e a fare in modo che i nostri prospect ricevano sempre comunicazioni gradite? Da queste domande bisogna ripartire per il post-GDPR, cercando di cogliere l’opportunità di uno strumento che potrebbe tornare ad essere rilevante ed efficace, se meno inflazionato.

Dopo un bel dimagrimento degli indirizzari, cerchiamo di tenerci in forma.

Cambiare sito: è davvero il caso? / Parte 1

Cambiare sito: è davvero il caso? / Parte 1 https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Spesso la costruzione di un sito è un processo complicato e a volte anche lungo. Si toccano tutte le corde dell’azienda: il reparto marketing, la dirigenza, le esigenze di immagine, la conta del personale interno che dovrà gestirne i contenuti, il SEO, ecc. ecc. Non c’è da stupirsi se alcune aziende impiegano letteralmente anni per arrivare al traguardo.

La cosa che invece sorprende è la leggerezza con cui spesso le aziende affrontano l’evoluzione del sito stesso: anziché curarlo costantemente e rifinirlo come una piantina, lo gettano letteralmente via dopo pochi anni per costruirne uno completamente nuovo.

Non contano le ore perse per decidere il layout, né tantomeno quello che dicono i dati sull’utilizzo del sito: se lo si vuole, si getta tutto all’aria senza capire che in questo modo tutto il lavoro svolto in precedenza è praticamente perso. Il paradosso è che nell’era dove tutto sembra correre veloce è invece molto importante fare tesoro dell’esperienza e del pregresso.

Sarà capitato a tutti in riunione di discutere anche animatamente sulla previsione dell’esito di una certa scelta. Quello che invece si fa troppo poco è misurare a posteriori quello che davvero è avvenuto. Progettando un sito web, ad esempio, si può immaginare che la scelta della n-esima lingua sarà strategica e probabilmente ci saranno alcune persone a favore e altre contro. Se si decide di investire qualche soldo per aggiungere quella lingua al sito ma poi non si prova nemmeno a misurare il trend di visitatori di quella lingua, a quale scopo si è dibattuto?

La misurazione dei risultati del sito attuale dovrebbe essere un’attività costante in un’azienda e per di più è anche un compito molto stimolante e utile!

Torniamo al nostro esempio: chi magari era contrario all’aggiunta della lingua, di fronte ad un dato che mostra invece un flusso di nuovi visitatori interessati che parlano quell’idioma, probabilmente cambieranno idea e saranno i primi sostenitori ad un aumento del budget per creare contenuti ad-hoc per loro. Inoltre tutti i partecipanti all’analisi avranno ben chiaro che in quel mercato l’azienda ha un potenziale che prima una parte ignorava.

Se l’azienda dell’esempio non avesse fatto l’analisi, si sarebbe ritrovata dopo un po’ in una riunione uguale alle precedenti con alcune persone a favore dell’inserimento di una lingua e altre contrarie, senza alcun dato a supporto.

Per questo motivo prima di immaginare un sito nuovo, è meglio partire dai punti di forza e di debolezza di quello vecchio.

AdWords per le aziende: un rapporto da chiarire

AdWords per le aziende: un rapporto da chiarire https://www.itestense.it/wp-content/themes/fildisi/images/empty/thumbnail.jpg 150 150 Paolo Niccolò Giubelli Paolo Niccolò Giubelli https://secure.gravatar.com/avatar/5f8ff50f726577837e141201e3da8853?s=96&d=mm&r=g

Ormai Google è un contenitore di pubblicità globale che riesce ad intercettare la domanda delle più grandi aziende così come del ristorantino all’angolo. Parte del successo è sicuramente data proprio dalla sua dimensione globale, che consente di creare spazi pubblicitari pressoché infiniti di fatto generati dagli stessi consumatori con le loro ricerche e le loro visite ai siti web ma (quasi) sempre pertinenti. In altre parole: sempre più difficilmente ad un uomo capiterà di vedere pubblicità di scarpe da donna come avviene ancora in TV.

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